SEQUESTRO PENALE E TERZO INTERESSATO ALLA RESTITUZIONE

SEQUESTRO E DIRITTI DEI TERZI INTERESSATI – UN’INTERPRETAZIONE ABROGATRICE DEI POTERI DEL GIUDICE E DEI DIRITTI DELL’INTERESSATO.

Nota

Si consolida con la sentenza n. 13706/2022 dell’11/4/2022 l’orientamento della Suprema Corte in tema di diritti dei terzi interessati alla restituzione del bene in sequestro nell’ambito del procedimento incidentale di riesame.

Secondo gli Ermellini “in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all'indagato, senza potere contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare (Cass. pen. sez. III, n. 36347 dell’11/07/2019, P., CED Cass. 276700, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 12-bis)”.

Nel caso di specie (sequestro per equivalente), viene negato non solo il diritto di censurare la sussistenza dei presupposti cautelari, ma persino il diritto a contestare il presupposto della c.d. preventiva incapienza dei beni appartenenti all’indagato, che costituisce nel sequestro per equivalente, il requisito per l’applicazione della misura nei confronti dei terzi i cui beni siano nella disponibilità dell’indagato stesso.

Trattasi, purtroppo, di orientamento pacifico del Supremo Collegio.

Non se ne condividono però le motivazioni, anche per le conseguenze sul piano pratico-applicativo, risolvendosi in una ingiustificata compromissione dei poteri di cognizione del giudice del riesame e dei diritti del terzo interessato, limitazioni di dubbia aderenza (anzi in aperta disapplicazione) della norma prevista dall’art. 322 c.p.p.

Tale norma statuisce che “1. Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324”.

La lettera della norma è chiara e non prevede limitazioni di sorta nel riesame proposto dal terzo interessato.

Come è noto, il riesame, è mezzo di impugnazione in sede cautelare a devoluzione (e conseguente cognizione) piena, anche in assenza e a prescindere dai motivi (“anche nel merito”) proposti dall’interessato (a differenza dell’appello e del ricorso per cassazione dove vige l’obbligo, a pena di inammissibilità, dell’indicazione dei motivi e dove vige il principio del “tantum devolutum quantum appellatum”), sicché al Giudice del riesame non è preclusa (ed anzi è imposta) la valutazione dei presupposti di applicazione della misura stessa.

Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi (art. 324, co. 4 c.p.p.) e si applicano le disposizioni dell’art. 309 commi 9, 9 bis e 10 (art. 324, co. 7 c.p.p.).

Il Tribunale può annullare, confermare o riformare il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati o per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso ed annullare il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazione, a norma dell’art. 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa.

E’ evidente il contrasto tra l’interpretazione dell’art. 324 c.p.p. fornita dalla giurisprudenza e quella letterale e sistematica suggerita sopra.

Pare trattarsi, in definitiva, dell’ennesima creazione per via giurisprudenziale di una norma (id est introduzione di una limitazione al diritto di impugnazione del terzo e al potere di cognizione del giudice – in contrasto con la lettera della norma e con il sistema delle impugnazioni cautelari).

Peraltro, l’argomento utilizzato per motivare il diniego di legittimazione (l’indifferenza per il terzo circa i presupposti di applicazione della misura, essendo egli interessato solo a dimostrare l’effettiva titolarità e l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato) non convince.

L’interesse al riesame del provvedimento di sequestro, attiene al risultato che si intende ottenere (la restituzione del bene “in vinculis”, di cui potrebbero difettare “ab origine” i presupposti) e non alle ragioni che ne giustifichino l’applicazione e il mantenimento, la cui valutazione – come si è visto – è sempre rimessa alla piena, e non limitata, cognizione del Giudice dell’impugnazione.     

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